Dal14 gennaio 2022 si è tornato a parlare dei colori associati al genere dopo la notizia:
“il sindacato di polizia Sap giudica eccentrico il colore rosa delle mascherine FFP2 distribuite dallo Stato all'organo, oltre al fatto che il colore rosa possa pregiudicare l'immagine dell'Istituzione.”

 


Ma perché delle mascherine rosa dovrebbero pregiudicare l’immagine dell’Istituzione? Perché negli anni recenti il rosa è associato al mondo femminile e quindi non può essere il simbolo della forza e della mascolinità. Ma forse il problema non è il colore delle mascherine ma il fatto che stiamo parlando di un organo dello stato che dovrebbe proteggere i cittadini senza discriminazioni.

In risposta a quanto detto dalla SAP si sono attivate numerose persone: attivisti femministi e non; insegnati che hanno chiesto le mascherine per le scuole; il Telefono rosa, che ha chiesto al capo della Polizia Lamberto Giannini, che le venissero donate le mascherine FFP2 di colore rosa, tanto disprezzate dal Sindacato di Polizia, al fine di distribuirle ai centri antiviolenza e alle persone con disabilità.


Storia del colore rosa
La parola “rosa” comparve per la prima volta verso la fine del 1700. Allora il termine non era legato a un genere come lo è oggi, che lo vede fortemente associato alla femminilità. Erano tempi in cui anche gli uomini lo indossavano e usavano. Questo perché il rosa veniva associato al rosso, colore del sangue e della passione, quindi per molto tempo venne ritenuto il colore della mascolinità. Il blu, invece, che ricordava il velo della Madonna, quindi la purezza, veniva usato per rappresentare il femminile.

A partire dagli anni trenta/quaranta le cose cominciavano a cambiare: la moda maschile venne popolata da abiti dai toni più scuri, associati al mondo degli affari; abbandonando i colori tenui, come il rosa, ritenuto più affine agli ambienti femminili. Inoltre dagli anni cinquanta venne assegnato il colore rosa alle infanti femmine e l'azzurro-blu ai maschi (l'introduzione in commercio della Barbie consacrò la femminilizzazione del rosa).


I movimenti femministi, negli anni successivi, contestarono questo stereotipo; tuttavia, le aziende di abbigliamento fecero leva sulla comodità per le famiglie e continuarono a proporre oggetti rosa per le bambine e azzurri per i bambini e, pertanto, grazie anche al marketing e alla pubblicità tale suddivisione di genere si consolidò facendola arrivare fino ad oggi. Prendiamo ad esempio i cosiddetti "gender reveal party", feste tra adulti che precedono la nascita dell'infante e che ne rivelano ad amici e parenti il sesso; tramite i due colori classici rosa e azzurro.
Solo in tempi recenti, con la nuova consapevolezza che si sta affermando, si sta assistendo a una sorta di rivolta per sorpassare questa associazione colore-genere. Ma è un’associazione talmente radicata nel profondo della società moderna che la strada da percorrere è sicuramente lunga e difficile; bisognerebbe partire dalle stesse aziende produttrici di abbigliamento e oggetti per bambini per fare una vera rivoluzione in tal senso.


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